potere terapeutico della noia

Il potere terapeutico della noia

La depressione e il vuoto sono una forma di morte iniziatica che conduce l’uomo verso la propria realizzazione. Dovremmo sacralizzare questo momento interiore e cominciare ad affrontarlo con tutti i mezzi utili per l’anima e per il corpo.
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Nel nostro sistema sociale ormai sembra contare solo l’apparenza e non solo sul web.

Ci piace postare ovunque la nostra immagine, splendenti di bellezza, sempre impegnati in lavori “smart” o in viaggi mozzafiato.

In questo contesto di felicità fittizia, la noia torna alla ribalta, vince persino il Festival di Sanremo e ci costringe a guardarci dentro, a scavare, a riconnetterci al cambiamento. Altrimenti affonderemmo nella stagnazione.

Il significato della noia nella Psicologia

Ci sono filosofi che hanno fatto della noia il proprio manifesto: da Baudelaire con lo Spleen, a Jean Paul Sartre con la Nausea.

Per noi Psicologi, la noia è un vissuto emotivo importantissimo: un indicatore che rileva quanto siamo capaci di stare con noi stessi, di conoscere le nostre ombre. Quanto siamo pronti a confrontarci con la solitudine e con il vuoto che essa rappresenta.

Ricordiamo (come diceva Jung) che la depressione, oltre a essere classificata come malattia, è un passaggio a volte obbligato dell’esistenza di ognuno di noi. Un passaggio naturale, e infatti anche gli animali ne soffrono: uno stato trasformativo, un ciclo nella biologia del nostro sistema che ci permette di rinnovarci, come le stagioni.

Il vuoto depressivo della noia può quindi aprire le porte alla rivoluzione interiore, dagli inferi possiamo emergere a nuova vita. Jung chiamava Nekia il viaggio che l’anima compie negli inferi per rinnovarsi, come accade a ogni essere vivente: gli alberi, i bruchi, i serpenti.

Probabilmente si rifaceva proprio a Dante Alighieri, la cui opera parla di smarrimento e perdita: perdita di se stessi, della persona amata, del proprio luogo. Del resto la discesa agli inferi è un tema presente presso tutte le civiltà per rappresentare la morte iniziatica, dalla quale si risale trasformati e “immortali”.Ma queste sono solo metafore per descrivere la semplicità di quello che ci accade.

La noia nella nostra quotidianità

Probabilmente ciascuno di noi ricorda qualche episodio della propria infanzia in cui si annoiava.

Quando eravamo piccoli, arrivava sempre un momento in cui ci si stufava di giocare con i giocattoli, oppure non eravamo così fortunati da averne… e magari era proprio il nostro niente ad attivare il processo creativo.

Proprio in quella fase accadeva un momento sacro: toccavamo il vuoto pungente, e da lì la caduta nello smarrimento della noia. Poi lentamente avveniva uno switch: si apriva la fantasia e cominciavamo a immaginare: allora un telo diventava una capanna indiana, una scatola di carta si trasformava in un’automobile o in un aeroplano.

Noia o spinta verso la realizzazione?

Molti artisti hanno fatto della loro noia il “salto”, la “catapulta” verso la piena realizzazione di sé: per questo lo scrittore Gustave Flaubert, parlando del suo personaggio, colmo di noia e vuoto, affermava: “Madame Bovary? C’est moi!

Proprio così! Siamo noi che lavoriamo con l’immaginazione, partendo dalla condizione vuota del reale, a far emergere la creazione. 

Per questo, in psicoterapia, si dice che le parole creano la realtà, delineando lo spazio di azione, di cambiamento, attingendo dall’interno la nostra energia. Così, se abbiamo il coraggio di entrare nel mondo degli inferi, possiamo attraversare l’Acheronte, il fiume del dolore, e guarire.

La depressione e il vuoto sono una forma di morte iniziatica che conduce l’uomo verso la propria realizzazione. Dovremmo sacralizzare questo momento interiore e cominciare ad affrontarlo con tutti i mezzi utili per l’anima e per il corpo. Non dobbiamo soffocare o anestetizzare questa esperienza, ma comprenderla a fondo, facendoci aiutare dal nostro psicoterapeuta.

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