Giuditta e Oloferne di Caravaggio

Michelangelo Merisi: fra tenebre e oscurità 

La personalità di Caravaggio, caratterizzata da contrasti di luci e ombre, e la sua vita, da cui emergono tendenze distruttive e autodistruttive, permettono oggi di ipotizzare che il pittore soffrisse di un disturbo di personalità, forse di tipo borderline. Questo disturbo lo portava a distruggere sistematicamente i suoi legami interpersonali, ma non compromise il suo genio pittorico, che anzi sembrava nutrirsi di queste tinte fosche e tenebrose.
Indice

Chi è Caravaggio?

Sappiamo poco di come Caravaggio giunse alla sua arte, e ancor meno del profondo legame tra il suo immaginario creativo e la sua produzione artistica. 

Possiamo leggere le biografie scritte postume, ma il mondo psicologico di Michelangelo Merisi lo possiamo dedurre soprattutto osservando le sue opere e il numero di trascrizioni giudiziarie relative ai frequenti arresti. Già all’età di vent’anni, per esempio, Caravaggio fu rinchiuso nel carcere di Milano, mentre l’anno successivo le voci che lo accusavano di aver ucciso un uomo in una rissa a Milano, lo seguirono fino a Roma.

Com’era, anzitutto, Caravaggio? Lo sappiamo dai suoi dipinti, in cui spesso, forse per vanità, si raffigurava tramite lo stratagemma dello specchio, dal Bacchino malato (1594) al Ragazzo che pela un frutto, fino alle ultime opere più drammatiche del ciclo delle decollazioni, di cui parleremo più avanti. Caravaggio era di bassa statura, piccolo e scuro di carnagione, con occhi e palpebre pesanti, ma dotato di una forte sensualità seduttiva che traspare ancor oggi dai suoi ritratti.

Il primo protettore

A 24 anni incontrò il suo primo protettore, il Cardinale Francesco Del Monte. Del Monte amava la musica, l’arte e le cose belle, era amico di Galileo Galilei ed era un alchimista praticante. Intorno al 1595, Caravaggio si trasferì a Palazzo Madama, dove gli fu data un’indennità e un atelier per lavorare. 

Qui dipinse Concerto per la Gioventù (conosciuto anche come I Musici): ispirandosi a un tema ben noto ai suoi contemporanei, trasformò le ragazze del coro in ragazzi, con estrema furbizia ed eleganza. Nel dipinto, il ragazzo con il liuto è Mario, con cui Caravaggio aveva una relazione, mentre l’artista stesso  appare sullo sfondo.

Altri dipinti per Del Monte furono il Ragazzo morso da un ramarro, I Bari e la Buona Ventura, opere che diedero una nuova direzione all’arte, perché evidenziano l’ingenuità umana e la vita quotidiana. Caravaggio si allontanava sempre di più dalla visione idealizzata di una vita aulica e splendente tipica del Rinascimento, deturpata parecchi anni prima dal Sacco di Roma (1527).

L’attrazione per gli emarginati

La sua carriera fu fulminea e meteoritica. Sebbene divenuto presto famoso e corteggiato dagli uomini più potenti d’Italia, Caravaggio trovava la sua ispirazione nei bassifondi e ai margini della società (così come molti secoli dopo fece un altro artista italiano che in qualche modo lo ricorda, Pier Paolo Pasolini).

Nelle tele di Caravaggio, i reietti e gli emarginati diventano pellegrini adoranti con i piedi sporchi, le prostitute dai capelli rossi si trasformavano in sante e madonne, mentre i ladri e gli attaccabrighe vengono dipinti come guardie e soldati. Attraverso i contrasti di luci e ombre, Caravaggio capovolge l’ordine sociale e scandalizza i contemporanei, presso cui dominava l’ideologia moralistica della controriforma.

Le donne di Michelangelo

Durante il periodo in cui lavorò per Del Monte, Caravaggio si legò a due famose e bellissime prostitute, Annuccia e Fillide, che lavoravano in zona Piazza Navona. Anna era minuta, con bellissimi capelli rossi e lunghi, e la possiamo ammirare ancora oggi nella Maddalena pentita, con i suoi gioielli sparsi sul pavimento. Dai rapporti di polizia, e in particolare dalla denuncia di una prostituta, ricaviamo un’idea della vivacità di Fillide: “Fillide venne a me con il coltello per sfigurarmi e si avvicinò al mio viso… Io cercai di respingerla… lei mi colpì il polso”. Proprio in questa posizione, con il coltello in mano, la bionda Fillide venne ritratta da Caravaggio nel dipinto Giuditta e Oloferne nell’atto di decollare il generale assiro-babilonese, di cui si fingeva amante.

Ciò che colpisce della pittura di Caravaggio non è solo l’intensità espressiva dei colori e le emozioni palpitanti che si incarnano nei soggetti, ma anche la storia che viene raccontata. Una storia dentro a un’altra storia: ogni corpo raffigurato ha avuto una vita propria, è stato un personaggio reale che nel ritratto non fa altro che essere se stesso. Un esempio è Maddalena Antognetti, detta Lena (prostituta e poi forse amante dello stesso Caravaggio), più volte ritratta con il proprio figlio, prima come Madonna dei pellegrini, poi come Madonna dei palafrenieri, e probabilmente altrove. Piano piano Lena maturava, diventava donna e il suo bimbo cresceva insieme a lei.

Le “ombre”

Quando la psicologia desidera accostarsi al mondo dell’arte, non è per parlare del virtuosismo tecnico e dei chiaroscuri. I chiaroscuri, le “ombre”, tanto rilevanti nel pensiero di Carl Gustav Jung e di Christopher Bollas (autore di L’ombra dell’oggetto), ci parlano di quanta oscurità ci fosse nella vita di Caravaggio. La notte, come sappiamo, è piena di vita nascosta e spesso accadono le cose più terribili. L’oscurità è la terra dell’inconscio e delle pulsioni più inconfessabili. I dipinti di Caravaggio fanno luce sugli aspetti più inquieti dell’anima umana: l’omicidio, la tortura, il pentimento, la seduzione, la perversione, il tradimento e il sacrificio.

Un altro elemento fondamentale che condizionò la psiche di Caravaggio fu un episodio drammatico accaduto a Roma, che segnò il suo equilibrio psicologico per sempre, facendolo scivolare in un vero e proprio stato di tormento e delirio persecutorio. Ci fu una rissa per debiti di gioco in cui il pittore ferì e uccise Ranuccio Tommasoni, giovane figlio di una famiglia importante di Terni. Furono arrestate molte persone, ma alla fine tutte vennero perdonate, a eccezione di Caravaggio, che fu condannato a morte in absentia, sentenza che significava che chiunque poteva ucciderlo senza processo, ricevendo una ricompensa per la sua testa.

Le decollazioni

In seguito alla condanna, la sua vita subì un cambiamento drastico: da quel momento Caravaggio fuggì da un posto all’altro, cercando rifugio presso i suoi potenti e capricciosi protettori. La fuga, il terrore e l’angoscia segnarono profondamente la sua psiche, e questa tormentata condizione si rifletté immediatamente nella sua arte: in breve tempo Caravaggio dipinse ben sei decollazioni, in cui ritraeva se stesso col capo mozzato.

Non possiamo dire con certezza quale significato avessero per lui queste decollazioni, ma possiamo solo immaginare cosa possa voler dire per un artista ritrarsi allo specchio, morto e decapitato. Forse erano frutto di un pensiero ossessivo e angoscioso, oppure un disperato tentativo di esorcizzare la morte. Sappiamo solo che, da quel momento in poi, le sue opere divennero sempre più oscure e tristi, e i rapporti con i committenti ancora più complessi.

Disturbo borderline: si o no?

Sarebbe troppo semplicistico accostare la personalità di Caravaggio al disturbo di personalità borderline, anche anche se i contrasti tra luce e ombra, tipici della sua pittura e della sua personalità, sembrano rimandare a questa patologia.

Il disturbo borderline (letteralmente “linea di confine”) affronta il tema complesso della distinzione tra ciò che è “normale” e ciò che è “patologico”. Si tratta di una condizione di estrema fragilità che intacca soprattutto le relazioni personali e il senso di identità: nella persona coesistono dimensioni di onnipotenza e di impotenza assoluta. Chi ne soffre presenta caratteristiche peculiari:

  • impulsività
  • difficoltà a controllare la rabbia
  • ideazione paranoide, cioè la tendenza a pensare che gli altri vogliano danneggiarlo
  • senso angoscioso di vuoto

La persona non riesce a mantenere un senso di continuità e si “frammenta”, sperimentando un’esistenza vuota e straziante, in particolare nel mondo delle relazioni. Tende infatti a idealizzare i legami affettivi per poi distruggerli, talvolta anticipando la separazione per paura di essere abbandonata. Ciò accade senza alcun rimorso, empatia o volontà di riparare. 

Le origini di questa patologia sono da ricercarsi nell’infanzia e nel fallimento della relazione con i genitori, che in genere non sono riusciti a soddisfare i bisogni emozionali del bambino e a sostenerlo nel suo percorso di crescita e autonomia.

L’autodistruzione

Le caratteristiche del disturbo borderline sono facilmente riconoscibili nella vita Caravaggio, soprattutto negli ultimi anni della sua vita. Su quest’ultimo periodo sappiamo poco, poiché le biografie sono frammentarie e le cronache piene di lacune, tanto da non riuscire più a distinguere tra episodi reali e deliri

angosciosi dell’artista. A creare questa confusione, hanno giocato un ruolo cruciale le tendenze autodistruttive di Caravaggio, che rovinava sistematicamente le relazioni con i suoi protettori più potenti.

Mentre si delineava la speranza di un perdono papale (mai tuttavia espresso pubblicamente), Caravaggio, su consiglio dei Colonna, si imbarcò a Napoli con le sue ultime tele. A causa di un litigio o forse di un tradimento del capitano, fu trattenuto e perse il vascello diretto a Roma. Sulla spiaggia, colpito da febbre e disperazione, Michelangelo morì a soli 39 anni.

Il suo corpo non fu più trovato, ma i dipinti che portava con sé vennero spartiti tra le potenti famiglie romane, i Borghese e i Colonna, e i Cavalieri di Malta, che avevano contribuito tanto alla sua ascesa quanto alla sua rovina.

Se in qualche modo ti rispecchi in questa storia e vuoi parlarne con qualcuno, non esitare a contattarmi.

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